Il 16 Gennaio 2010
Silvia Gallerano
Assola
Elogio della solitudine
di Renata Ciaravino, Ugo Cornia e Silvia Gallerano
Luci di Lisa Guerini
Costumi di Valentina Poggi
Immagine di locandina di
Luisa Montalto
Organizzazione di
Alessandra Maculan
Grazie a Cristian Ceresoli,Cinzia De Lorenzi, Mattia Fabris, Arianna Scommegna
“ Questa è la cronaca abbastanza fedele di alcuni anni molto faticosi ma belli che a un certo punto mi sono capitati.
L’unica cosa che si può dire è che le cose capitano e noi dobbiamo lasciarle capitare. Ma queste cose che capitano hanno la virtù principale di sfracellarci la testa.
Adesso, con un inevitabile sfacelo sulle spalle, portandomelo dietro tutti i giorni, dopo aver preso nota di tante cose sono tornato a vivere il mondo come prima.
Un po’ mi dispiace.”
Ugo Cornia
Personalmente sto spesso sola perché mi piace.
Non vedo necessariamente attorno a questa parola un’aura di depressione.
Non sono neanche un’asceta e non cerco alcuna illuminazione.
Sicuramente da sola sono stata: felice, in attesa, sospesa, innamorata, fidanzata, lasciata, in lutto, abbandonata, scansata, depressa, ansiosa…
Parlare della solitudine è come parlare della vita, e allora parto dalla mia solitudine, che almeno la conosco.
Come dice Ugo Cornia ad un certo punto della mia vita mi sono capitate delle cose che hanno avuto la virtù principale di sfracellarmi la testa e, aggiungo io, come primo effetto quello di farmi chiudere nella mia stanza. Metaforicamente e fisicamente.
E allora parto da questa stanza. Dai motivi che mi ci hanno buttato dentro, dai fantasmi che la agitano, dal desiderio di uscirne, dall’attesa del tempo giusto.
Devo dire che la cosa mi terrorizza un po’ perché questo significa andare a scavare in cose magari anche spiacevoli, o comunque che quando le racconti la gente di solito se ne vuole andare solo a sentire l’argomento.
Io nella mia stanza tanto per cominciare ci sono finita per un lutto. Anzi per vari lutti diciamo di diverso genere. E qui già possiamo cadere sul tragico. Ecco, sinceramente non vorrei.
Poi diciamo che ci sono rimasta perché ho iniziato ad avere paura d’uscire. E allora cadiamo sullo stereotipo ansiogeno. Ma qui è già più facile fare ironia e salvarsi un po’.
Poi quando ho finalmente deciso di uscirne, mi ci hanno ricacciato dentro.
Ecco che in definitiva qui dentro ci ho passato un sacco di tempo. Che lo conosco abbastanza bene questo posto. Che la conosco bene la solitudine. O meglio questa solitudine. E che ho voglia di parlarne, ho voglia di guardarla, di mostrarla, di riderci su.
Fondamentalmente ho voglia di difenderla.
Tre Donne, un'attrice
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